Accenni di Globalizzazione e sua relazione al Turismo (sintesi in funzione dell’analisi impatto COVID-19)

GLOBALIZZAZIONE – TURISMO – ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Secondo la definizione dell’OCSE (Organisation for Economic Co-Operation and Development), la globalizzazione è un processo attraverso cui mercati, idee e produzioni nei diversi Paesi diventano sempre più interdipendenti tra loro, generando così strette interazioni tra nazioni, economie e popoli. Si tratta quindi di un fenomeno che unisce sempre più le comunità umane, grazie al continuo interscambio di beni, servizi, informazioni e denaro, oltre che agli spostamenti di persone (flussi migratori, turistici – che costituisce la vera novità- di lavoro). Per effetto di questa interdipendenza, decisioni, eventi e attività, ovunque si manifestino, si ripercuotono con conseguenze significative anche in regioni molto lontane tra loro. Sebbene comunque con questo termine ci si riferisce prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra Paesi (non esclusivamente finanziari eh!), il fenomeno va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali, tecnologici e culturali.

Va detto che c’è anche chi ha parlato di globalizzazione come di una “grande suggestione”, chi ne ha affermato l’inesistenza o la “non –novità” ecc. La globalizzazione in effetti c’è sempre stata, addirittura in certi periodi storici sarebbe stata anche maggiore di oggi, ma è indubbio che la velocità con cui decisioni prese in una parte del mondo influenzino la parte diametralmente opposta (e viceversa) è una novità assoluta. Quello che è cambiato è quindi l’ancor più veloce (l’istantaneo) passaggio di informazioni. Ma ribadisco che riguardo alle compenetrazioni economiche (e anche politiche) questa è sempre esistita. Si consideri, senza citare gli imperi “storici”e le loro conseguenze, che anche prima della prima guerra mondiale “la globalizzazione” era davvero a livelli massimi. Nella storia sono maggiori i periodi di grandi “connessioni” piuttosto che quelli di “grande isolamento”. Questo per dire che la questione può essere vista da tanti e differenti punti di vista. Noi qua analizzeremo ultra velocemente l’approccio più comune e canonico. Lo faremo come premessa per vedere le contromisure che il turismo ha preso all’emergenza sanitaria manifestatasi con l’ingresso in scena del covid-19 ( malattia infettiva causata dalla sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 ovvero SARS-CoV-2) / coronavirus ( termine colloquiale con il quale si identifica la SARS-CoV-2, un ceppo di coronavirus che causa il COVID-19, la malattia respiratoria responsabile della pandemia che stiamo vivendo tutt’oggi). Il discorso è d’obbligo in quanto se il problema ha avuto una manifestazione globale, la risposta del turismo non poteva che essere anche (anche! e almeno inizialmente è stata soprattutto “anche”!) globalòe e che quindi partiva dagli organi “globali” che sovrintendono alle varie tematiche legate al turismo. D’altronde il turismo ha giocato un ruolo importante nella diffusione di tale virus (pensa alla cità più colpita inizialmente degli USA, ovvero New York che è anche la più turistica; o agli stati almeno inizialmente maggiormente colpiti in Europa o anche agli stati che durante il epriodo “vacanziero” hanno avuto un maggior numero di contagi); oltre al fatto che il turismo è un settore estremamente importante di molte economie mondiali, un settore in costante crescita da decenni e su cui hanno puntato con decisione molti Stati e molti “ambiti territoriali”. Quindi parleremo ultra-velocemente della globalizzazione, del sorgere degli organi “globali” preposti al turismo e della loro risposta all’insorgere di tale emergenza sanitaria globale.

Va anche sottolineato, visto il nostro specifico momento storico che “le malattie” sono sempre state “globali”. Nessuna novità a riguardo. Dalla “peste” antonina (impero romano) alla peste nera, alla spagnola o a alle pandemie più recenti. Ma si può andare indietro nel tempo di parecchio …si pensi al raffreddore … Le malattie sono sempre state globali, per il semplice fatto che gli uomini si sono sempre spostati da un “luogo” ad un altro. I motivi cambiano, gli spostamenti umani restano. E quando le malattie non si sono “spostate”, prima o poi se ne è pagato le conseguenze (vedere scoperta e successiva “invasione” dell’America…. dal punto di vista dei nativi americani ovviamente…). In certo qual modo le malattiue sono sempre state “sintomi” di globalizzazione …

Foto di Dr. Erskine Palmer, USCDCP da Pixnio

Ad ogni modo dal punto di vista più strettamente canonico che per brevità (e motivi strettaemnte scolastici…) si vuol qua seguire, solitamente si rileva che a partire soprattutto dagli anni ’80 del secolo scorso (significa dal 1980 …) la globalizzazione sarebbe entrata in un nuovo periodo di forte slancio che ha avuto come causa-conseguenza più fattori:

-)evoluzione tecnologica, che ha consentito l’accesso a nuove forme di comunicazione, le cui potenzialità sono state enormemente ampliate dai sistemi di trasmissione via satellite e via cavo a fibre ottiche. Pensate solo alle modalità di comunicazioni tra un turista che si reca in un “luogo lontano” e i suoi familiari e/o amici che sono rimasti a “casa”, pensate a come sono cambiate le modalità di comunicazione anche solo rispetto agli anni ’80 … Immaginate un mondo senza internet … ormai è più difficile che immaginare una comunità umana su Marte. Immaginate come muterebbero le vostre “connessioni” sociali se tutto ad un tratto un qualche “impulso elettromagnetico” spegnesse tutti i cellulari …

-)la fine della contrapposizione dei due blocchi politico-economici che ha caratterizzato tutto il periodo della guerra fredda, e le contestuali aperture alle liberalizzazioni anche in aree ad economia pianificata con conseguente riduzione delle barriere doganali e dei controlli statali sulle attività delle aziende. È anche vero che questa situazione però è ambigua, nei settori strategici l’impronta statale si è anzi rafforzata seppur “modificata”. Basta vedere nei momenti di crisi quel che avviene anche nei paesi più fortemente impegnati a “liberalizzare” il proprio mercato, anche là viene richiamata in causa una maggiore presenza dello Stato (chiamato a legittimare la sua stessa esistenza). Basta vedere anche oggi … In questo contesto è da rilevare non solo il crollo dell’URSS e le relative conseguenze geopolitiche, ma anche (forse soprattutto) l’apertura/adesione della Cina al mercato globale (fa parte del WTO solo dal 2001…). Quindi è da allora che si può parlare del vero e proprio sorgere del mercato globale contemporaneo. Contestualmente va rilevato però anche il forte ritorno di alcuni stati (Russia) con relativa destabilizzazione politica di alcune aree, proprio in conseguenza della volontà di riaffermare delle proprie aeree di influenza. Seppur è vero che la compenetrazione economica tra multinazionali e stati diversi avvicinano molto le “nazioni”, è anche pur vero che le relative tensioni possono avere effetti ancor più “deflagranti”

-) l’allargamento dei mercati attraverso la continua liberalizzazione degli scambi con l’abbattiamneto delle tariffe e barriere doganali (che si allargano sempre più, con accordi “regionali”, l’UE da un lato, il Nafta e via dicendo dall’altro). Questo (come nel punto precedente) però ormai è da considerare e da prendere con “le pinze”,… negli ultimi recentissimi anni sembra all’opposto riaprirsi una guerra doganale soprattutto tra le grandi potenze. A riguardo sono costanti e ripetute le minacce (da una parte e dall’altra) che si rivolgono Cina e USA. Ma non solo loro, in ogni Paese sempre più spesso si riaffermano tendenze/voci che propugnano una maggior difesa da parte dello Stato delle proprie produzioni nazionali.

-) emergere di una rete finanziaria globale che fondamentalmente lega (e lo si vede costantemente) tutte le piazze affari del pianeta. Ciò permette di spostare con grande facilità, e in tempi reali, masse di denaro in ogni direzione

-)la crescita degli investimenti diretti esteri sia nei Paesi del nord del mondo sia da questi verso le economie emergenti. Non solo gli investitori operano un trasferimento di risorse finanziarie, ma anche di tipo produttivo

-)lo sviluppo e la ancor più forte diffusione delle multinazionali: la mondializzazione delle imprese è infatti uno dei caratteri distintivi della globalizzazione economica. Ricordatevi poi quel che si diceva sulle ZES cinesi che erano state aperte agli investimenti esteri, ma in cambio si chiedeva qualcosa … e la conseguenza è stata che (per esempio) se prima la Cina produceva cellulari per multinazionali USA o del Giappone, ora la Cina produce principalmente i suoi stessi cellulari (con marchi cinesi come ben sapete, che tra parenetsi sono in forte espansione e produce anche attriti con gli USA…vedere caso Huanwei). D’altronde le tecnologie sono sempre passate da una parte all’altra. Per vederla in termini opposti (ovvero che vadano in un’opposta direzione) si può citare l’esempio della seta. La cito anche per richiamare alla mente la “nuova via della seta” … Le cui modalità di produzione in Cina erano tenute così segrete da prevedere la pena di morte per chi violasse tale segreto; segreto poi trafugato da missionari e portato “finalmente” in Europa. Finalmente perché tanto ricercato …

Foto di ctvgs da Pixabay

-) la maggiore partecipazione alla gestione pubblica, e contestualmente si potrebbe dire anche la maggior facilità nel manovrare le masse che gestiscono “la cosa pubblica”

Tutto ciò a volte pone una domanda notevole: il processo di “globalizzaizone” è guidato?

Al di là delle varie opinioni, un dato di fatto è incontrovertibile: se il nuovo mondo nasce dopo la seconda guerra mondiale, di sicuro gli accordi di Bretton Woods (economici) sono stati presi prima della nascita dell’ONU (politica). Ed è forse da loro che a mio parere bisognerebbe partire.

Accordi di Bretton Woods

Gli accordi di Bretton Woods sono un insieme di regole riguardanti le relazioni commerciali e finanziarie internazionali che avrebbero dovuto prender forma da dopo la seconda guerra mondiale tra i Paesi del mondo occidentale (all’epoca seppur si sapeva quale sarebbe stato l’esito della guerra, questa era pur sempre ancora in corso). Gli accordi furono il risultato di trattative tenutesi dal 1º al 22 luglio del 1944 e tenutesi nell’omonima località del New Hampshire. Nelle trattative, come sempre e come per ogni ambito, i contraenti non pesarono tutti alla stessa maniera….

Il sistema giuridico che ne scaturì consisteva in una serie di accordi per definire un sistema di regole e procedure per controllare la politica monetaria internazionale. Fu il primo esempio, nella storia umana, di un ordine monetario interamente negoziato, destinato a governare i rapporti monetari di stati nazionali indipendenti.

https://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_di_Bretton_Woods

Con questi accordi si sancì la nascita di un sistema di scambi e relazioni basato sul cosiddetto Gold Exchange Standard, sistema a cui tutti gli aderenti dovevano basarsi e riallacciarsi. Questo sistema si basava su rapporti di cambio fissi tra le valute che dovevano essere tutte agganciate al dollaro il quale a sua volta era agganciato all’oro. All’atto pratico significava che se io ero italiano e avevo accumulato un gran numero-volume di ricchezza espressa in banconote (le quali ovviamente non hanno un valore intrinseco ma si basano sulla “solidità” del sistema economico che le emette) e se avessi voluto cambiarle in un qualcosa che fosse più al riparo da eventuali e rapidi mutamenti sulla stabilità dello stesso sistema economico che aveva emesso (stampato) quelle banconote, allora io le avrei potute (le banconote in valuta italiana ovvero le lire) cambiare in dollari e il dollaro a sua volta l’avrei potuto cambiare in oro (“poteva” equivaleva a “doveva” nel caso lo volessi voluto. Non si trattava di una normale contrattazione ma di una conversione già “predisposta” dal sistema finanziario). L’unica moneta convertibile direttamente in oro (di quel sistema) era quindi il dollaro. Anche con le lire in mio possesso si poteva comprare oro, certamente, ma quell’acquisto era frutto di una “trattativa” tra “privati”. Invece il dollaro era convertibile in oro a richiesta del portatore. Nella banconota stessa vi era la dicitura “convertibile in oro”. La differenza è enorme. In pratica il sistema progettato a Bretton Woods era basato su rapporti di cambio fissi tra le varie valute (ovviamente di quei paesi che avevano aderito agli accordi), le quali erano tutte agganciate al dollaro, il quale a sua volta era agganciato all’oro.

Gli accordi di Bretton Woods erano volti a favorire un sistema liberista, il quale richiedeva, innanzitutto, un mercato con il minimo delle barriere poste dai singoli Stati. A differenza del sistema che lo precedette (che comunque era pur sempre basato sull’oro) la mobilità dei capitali fu limitata, poiché si era consci dell’enorme peso che essa ebbe nel determinare la crisi del ’29. Quindi, anche se vi furono delle divergenze sulla sua implementazione, fu chiaramente un accordo per un sistema aperto e per questo li cito alla base degli sviluppi della attuale globalizzazione.

“La particolarità” però è che se questo sistema era incentrato sul dollaro, esso richiedeva anche uno “stretto” controllo sulla quantità di dollari emessi. Come per tutte “le cose” anche (e soprattutto) per la carta moneta vale una regola findamentale: più se ne emette e meno vale, meno se ne emette e più vale. È una regola base dell’economia applicabile un po’ dappertutto. Ma nessuno degli accordi derivati direttamente o indirettamente da Bretton Woods prevedevano un “corretto” controllo della quantità di dollari emessi. Ciò permetteva così agli USA l’emissione relativamente incontrollata di moneta. E ciò ha portato più volte Francia e Germania a protestare e contestare questo dato di fatto. Gli USA d’altronde sfruttavano questa “possibilità” di stampare più dollari, poiché tramite ciò praticamente esportavano la loro inflazione (dovuta ad una maggiore emissione di carta moneta) e la facevano così gravare sul resto del mondo che si basava sullo stesso sistema economico basato sul Gold Exchange Standard basato sul dollaro. D’altro canto il sistema aveva indubbi vantaggi non solo per gli USA, anche gli altri Stati che vi avevano aderito. Questi indubbi vantaggi erano legati al compito primario del Gold Exchange Standard che era quello di “stabilizzare” le relazioni economiche (ovvero dare il più possibile stabilità al sistema, cosa che vedendo come era andata la prima metà del secolo- ‘900… – non era un vantaggio da poco …).

Ad ogni modo pro e contro di tutte le cose sono determinate anche dalle contingenze. Le contingenze erano indubbiamente favorevoli all’inizio (come si diceva poco sopra già solo il fatto che il sistema dava una certa stabilità, questo ben valeva il sopportare i suoi “difetti”. Di stabilità il mondo, ma soprattutto l’Europa ne aveva avuta ben poca nella prima metà del ‘900 … Mentre questa seconda metà del novecento si apriva con ben altre prospettive seppur la guerra fredda fosse una spada di Damocle sempre in procinto di cadere). Ma le contingenze cambiano, ed anche per gli USA arrivò il momento in cui “i contro” (ovvero gli elementi a loro sfavorevoli in questo sistema che nel complesso era inizialmente a loro favorevole) si manifestarono in maniera pesante.

“In seguito, la guerra del Vietnam e il programma di welfare chiamato Grande Società fecero aumentare di molto la spesa pubblica statunitense e misero in crisi il sistema: di fronte all’emissione di dollari e al crescente indebitamento degli USA, aumentavano le richieste di conversione delle riserve in oro. Ciò spinse il presidente statunitense Richard Nixon, il 15 agosto 1971, ad annunciare, a Camp David, la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Le riserve statunitensi si stavano pericolosamente assottigliando: il Tesoro degli USA aveva già erogato oltre 12.000 tonnellate di oro. Nella gestione del Fondo Monetario Internazionale erano già operativi i Diritti Speciali di Prelievo con un valore puramente convenzionale di un diritto speciale di prelievo per un dollaro. Nel dicembre del 1971, il gruppo dei Dieci firmò lo Smithsonian Agreement, che mise fine agli accordi di Bretton Woods, svalutando il dollaro e dando inizio alla fluttuazione dei cambi. Nel febbraio del 1973 ogni legame tra dollaro e monete estere venne definitivamente reciso e lo standard aureo fu quindi sostituito dal sistema di cambi flessibili.” ( wikipedia)

Effettivamente credo che fra qualche anno il 1971 dovrebbe essere rivisto (verrà considerato) come un’anno fondamentale a livello planetario. Non solo cade il Gold Exchange Standard e si entra in un nuovo sistema economico mondiale, ma quel sistema inizia ad allacciarsi (ad avvolgere) anche l’altra parte del mondo rimasta fuori dai primi accordi. Il 1971 è infatti l’anno in cui in seno all’ONU la Repubblica Popolare Cinese (quella che noi chiamiamo propriamente Cina) subentra e sostituisce la Repubblica di Cina  (ovvero Taiwan). Una sola Cina  era sempre esistita ed una sola Cina poteva sedere all’ONU. I velleitari piani dei cinesi di Taiwan, appoggiati dal mondo occidentale, si rivelarono anacronistici e il far sedere la Cina con capitale Bejing all’ONU fu il riconoscimento di questo dato di fatto.

Istituzioni create con gli Accordi di Bretton Woods

È da notare che le istituzioni create a Bretton Woods, pur rivedendo i propri obiettivi e forse “ri-sintonizzarli” al nuovo contesto, sopravvissero al Gold Exchange Standard. Stiamo parlando delle istituzioni che forse più di altre sono alla “guida” (vedere premesse) del processo di globalizzazione, ovvero il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e il World Trade Organization che dal 1995 è il diretto discendente del GATT, General Agreement on Tariffs and Trade – Accordo Generale sulle Tariffe Doganali e sul Commercio (istituzione creato nell’immediato post seconda guerra mondiale, ma “figlio” degli accordi di Bretton Woods). A questi aggiungiamoci anche il G20. Due parole a riguardo:

-) G8 ormai allargato a G20, organismo di consultazione internazionale, ne fanno parte i Paesi più industrializzati al mondo. Quindi istituzione formata da quei Paesi  che sono le grandi potenze che influenzano le decisioni dei tre principali organismi economici internazionali (che sono quelli che riporto ora sotto)

G20, foto di “famiglia” al summit 2019 tenutosi ad Osaka, fonte: https://www.flickr.com/photos/palaciodoplanalto/48142586681/

-) OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) meglio conosciuta con la dicitura inglese di WTO, World Trade Organization (da non confondersi con Il WTO world tourism organization)

Di Muso – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16825961
così era il WTO nel 2005; fonte: Immanuel Giel 09:15, 14 Apr 2005 (UTC) ; https://commons.wikimedia.org/wiki/File:WTO2005.png

-)FMI (Fondo Monetario Internazionale). Ha il compito di erogare i fondi ai Paesi in difficoltà economica; trae le sue risorse, in valuta e oro, dai paesi aderenti che versano le quote proporzionalmente al loro PIL, così come il peso decisionale di ogni stato è proporzionale alle stesse quote versate … Poi bisogna vedere come gli “aiuti” arrivino a destinazione ed in che forma …

Sede del FMI, a Washington (USA); Di International Monetary Fund – http://www.imf.org/external/np/adm/pictures/captions.htm, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=897043

-)Banca Mondiale, che in verità è un raggruppamento di più istituzioni nate in funzione di erogare prestiti per la ricostruzione post bellica a Paesi europei e Giappone (il primo e più grande prestito è stato rivolto alla Francia). Poi ha allargato i “prestiti” anche ai Paesi che via via andavano ad ottenere l’indipendenza nell’ambito della decolonizzazione (a partire dagli anni ’60), successivamente a partire dal 1990 ha aperto anche a “prestiti” ai paesi ex-comunisti. I prestiti sono sempre spinosi perché ovviamente non sono regali … Ad ogni modo hanno la loro utilità, vedasi ricostruzione Europa Occidentale: Italia, Germania Ovest, Francia, Regno Unito … In funzione dei prestiti però è indubbio che si va legando il Paese che ottiene il prestito al contesto globale che anche sulla Banca Mondiale si erge. Sono finanziamenti rivolti principalmente alle grande infrastrutture (centrali elettriche, autostrade ecc.) non sempre con impatti estremamente positivi sull’ambito locale (esempio le conseguenze nei pro e contro della costruzione della diga di Asswuan in Egitto sono controverse …. interessando anche il turismo …). La Banca Mondiale ha sede a Washington. Tra l’altro a leggere le nomine e le modalità di elezioni si desume una regola non scritta ma ben in auge: il direttore del FMI è designato dai governi europei, mentre il presidente della Manca Mondiale è nominato dal governo degli USA. Stati Uniti che tra l’altro costituiscono anche il più grande azionista della Banca stessa. 

logo della Banca Mondiale, anche la sua sede è locata in Washington

Queste istituzioni, pur annoverando una gran parte dei Paesi del mondo, abbracciano le scelte politiche-economiche dettate da chi comanda (come d’altronde sempre è stato) , indebolendo così il potere di controllo dei singoli Stati sulle rispettive economie nazionali. Tra le conseguenze più evidenti vi è l’aumento della libertà d’azione delle maggiori imprese multinazionali, che hanno acquisito nell’ultimo ventennio/trentennio un potere senza precedenti, e che spostano da una parte all’altra del mondo capitali, tecnologie, merci.

La globalizzazione come si diceva non è solo “economia” ma gli aspetti economici (che comunqnue pervade ogni forma di relazione umana più o meno direttamente) è la caratteristica (potrei dire il fenotipo) più visibile del processo. In questo campo, ovvero nel campo economico, la globalizzazione si caratterizza per la forte integrazione degli Stati nel commercio mondiale e la crescente dipendenza dei Paesi gli uni dagli altri. Le crisi finanziarie ne sono una testimonianza emblematica. La crisi del mercato immobiliare statunitense del 2008 ha avuto pesanti conseguenze a livello globale. (Noi in Italia lo sappiamo bene … seppur va detto che l’Italia ha i suoi problemi “strutturali” indipendentemente dal mercato immobiliare e dai prestiti/mutui statunitensi …) D’altro canto “la globalizzazione” è fenomeno che si implementa “quasi” da solo. Per esempio le maggiori connessioni nel campo delle comunicazioni sono anche frutto di una rete globale di centri di ricerca (o in qualsiasi altro campo scientifico che ha poi anche una ricaduta sul mercato). Mi spiego meglio. La competizione economica è sempre più dipendente dalle innovazioni tecnologiche, ma la base scientifica di queste ultime non può più essere controllata e gestita da singoli Paesi o da singole imprese. Essa è ormai il frutto di una cooperazione internazionale che si avvale di una rete globale di centri di ricerca. Si è formato così un sapere tecnologico-scientifico globale, a cui ogni impresa attinge per realizzare “localmente” quei prodotti e quei processi innovativi che la rendono competitiva.

La Globalizzazione Geopolitica. Le forti interdipendenze economiche e commerciali tra i governi dei Paesi che “dominano” il mondo in termini di scelte hanno implicato anche forti legami di tipo politico, originando una globalizzazione geopolitica e geostrategica. Essa consiste nella crescente e immediata interdipendenza delle decisioni e degli avvenimenti politici dei diversi Paesi, nel crescente controllo di alcuni di essi sugli altri e nella capacità delle grandi potenze di intervenire politicamente e militarmente in qualunque momento, in ogni parte del pianeta. Per contro (o anche proprio a causa di ciò) si assiste ad un proliferare /moltiplicarsi di conflitti “locali” e alla proliferazione degli armamenti, che rende problematico un effettivo controllo del sistema mondiale. Le ripercussioni di tutto ciò su scala globale sono sovente imprevedibili e ingovernabili.

In questa situazione di precari equilibri (ma in fondo è sempre stato così, gli equilibri sono sempre “precari” a livello geopolitico) emerge in modo chiaro la necessità di un organismo, al di sopra delle parti, in grado di imporrre regole eque e nuovi equilibri. Nonostante gli sforzi compiuti in questo senso, gli organismi politici mondiali esistenti (per esempio l’ONU) hanno ancora una capacità piuttosto limitata di regolare i conflitti, di imporre norme, di esercitare poteri giurisdizionali.

Globalizzazione culturale (abbiamo visto, per esempio basta vedere EAU) anche dovuta (tra le altre cose) alla mondializzazione dei media (TV satellitari, internet, film, musica) che producono fenomeni di omologazione e contestualmente la scomparsa di modi di vita e di produzioni locali.  Basti pensare che i cinque giganti del settore “media” (Time, Warner, Viacom, Walt Disney, New Corporation e Bertelsmann) controllano la quasi totalità del mercato mondiale e solo una decina di società multinazionali producono ben il 90% dei programmi TV, cartoni animati, film; e inoltre dispongono delle principali stazioni televisive, case discografiche e cinematografiche e testate giornalistiche. (Riguardo alla globalizzazione culturale è da citare ovviamente le politiche e l’ottica dell’UNESCO. Ricordate quanto detto in terza? Qua è estremamente pertinente … )

E poi due considerazioni per inciso e che avrebbero bisogno di ben altri approfondimenti, ma che esulano dalle nostre “scolastiche necessità”:

1) PARADOSSALMENTE in ambito della globalizzazione ciò che è andato ad acquisire sempre maggior importanza sono i “territori” locali (si parla spesso di glocalizzazione per sottolineare e studiare il ruolo del locale in una economia globale). Nella globalizzaizone il locale è andato ad assumere sempre maggiore importanza. Da qui il noto motto moderno: “think globally, act locally – id est (vi ci metto anche il latino!): pensa globale, agisci locale”

2) Nell’ambito della globalizzazione dopo la caduta del muro di Berlino vi era la “sensazione” generale che tutto sarebbe strato diretto ormai verso un un futuro di pace e benessere per l’intera “specie umana”. Sicuramente lo sviluppo economico fu notevole e prolifico di grandi e positive conseguenze. Allo stesso tempo però quel abbattimento del muro di Berlino che lasciava intravedere un mondo senza mura-barriere ha prodotto il sorgere di innumerevoli “nuove mura”, fisiche e ideali. Certo non che il mondo di prima andrebbe visto con un’ottica idilliaca, allo stesso modo molte delle speranze nate con il dissolversi della guerra fredda sono andate decisamente deluse. Esistono molte più mura-barriere oggi di prima del 1989 (o per lo meno ne abbiamo più consapevolezza/conoscenza).

Organizzazioni internazionali su Turismo

E arriviamo a ciò che qua più ci interessa. Nell’ambito della globalizzazione si è creata (e si va rafforzando sempre più) l’esigenza di organi che sappiano gestire ed indirizzare il turismo in un’ottica mondiale. Che siano in grado quindi di fornire supporto e di indicare degli standard globali. D’altronde si sta parlando di un settore economico in forte ascesa in questi ultimi anni, al netto di quello corrente … Oltretutto per sua stessa natura, il turismo sposta le persone da una parte all’altra ed è su questo spostamento che basa la sua “ricchezza” (non solo economica…). Vi ricordate in ambito turistico quali sono le regioni “attive” e quelle “passive”? Al netto che con lo scorrere del tempo le due regioni possono venire a coincidere, la base di partenza per tali definizioni (così come per quella di turista…) è necessariamente quella di definire in primis da dove vengono “i soldi”. Le regioni “attive” sono quelle di partenza di quelle persone che vanno a spendere i loro soldi nelle regioni turistiche che proprio per questo vengono definite “passive”. E quelle persone assumono la denominazione di “turisti” secondo la definizione degli organi di competenza (UNWTO su tutti).

Sicuramente al giorno d’oggi la principale organizzazione/istituzione che si occupa di turismo a livello internazionale è l’Organizzaizone Mondiale del turismo (OMT, in inglese WTO), che è nata nel 1975 e dal 2003 è diventata parte integrante del sistema di agenzie speciali che costituiscono il sistema dell’ONU, da qui il suo attuale nome di UNWTO. L’UNWTO è la geminazione diretta di un precedente organismo internazionale che prese spunto dal primo Congresso Internazionale degli Enti del Turismo Nazionale che si tenne nel 1946 a Londra. Questo nel 1947 diede vita ad una nuova organizzazione internazionale non governativa che sostituì la precedente “Unione Internazionale degli organismi ufficiali propagandistici del turismo” e che assunse (venne battezzata con) il nome di IUTO  (International Union of Official Travel Organization). La quale nel 1951 trasferì la sua sede a Ginevra (in Svizzera) dove rimarrà fino al 1975. Nel 1975 infatti dallo IUTO nacque proprio il WTO (World Tourism Organization) la cui sede fu trasferita a Madrid e che entrò nel novero delle agenzie specializzate dell’ONU. Gli obiettivi dell’UNWTO sono:

  • Sviluppare il turismo
  • Stabilire e mantenere rapporti di cooperazione tra Paesi
  • Stimolare e sviluppare collaborazioni tra i settori pubblici e privati , con particolare attenzione aglki interessi dei Paesi in via di sviluppo
  • Perseguire un’azione sempre più incisiva di promozione del turismo, con lo scopo di contribuire all’espansione economica, alle relazioni internazionali, alla pace, alla lotta alla povertà, al rispetto universale e all’osservanza dei diritti umani delle libertà fondamentyali senza distinzioni di etnia, sesso, lingua, religione (obiettivi molto altisonanti… riecheggiano ovviamente quelli dell’ONU, e questo la dice lunga)
Fonte: http://media.unwto.org/sites/all/files/pdf/finalannualreportpdf.pdf ; Autore: https://de.wikipedia.org/wiki/Weltorganisation_für_Tourismus

Le lingue ufficiali dell’OMT sono l’arabo, l’inglese, il francese, il russo, e lo spagnolo (tra le lingue più parlate al mondo mancherebbe all’appello il cinese mandarino …). L’OMT assiste le destinazioni nel loro processo di posizionamento sostenibile nei mercati nazionali ed internazionali. Come agenzia delle Nazioni Unite dedicata al turismo, essa ricorda che i Paesi in via di sviluppo devono trarre particolare beneficio dal turismo sostenibile (che non abbiamo fatto perché era nella parte del programma che ho tagliato, ma credo che lo avete già affrontato in altre discipline, ad ogni modo farne accenni in classe). I programmi promossi dall’UNWTO sono volti a migliorare la competitività nel settore turistico e, in un mercato globale come quello attuale in rapida evoluzione, la capacità di competere è al centro degli sforzi nazionali e di settore. La capacità di competere dipende soprattutto dagli investimenti fatti per creare un prodotto attraente e sicuro, migliorandone la qualità. Il concetto di qualità del prodotto turistico comprende quindi le garanzie di sicurezza e protezione , considerate come un presupposto fondamentale. La qualità comprende anche un approccio professionale volto a soddisfare le aspettative dei consumatori, contribuendo così ad attuare i principi contenuti nel Codice Mondiale di Etica del Turismo (il link al documento per chi lo voglia vedere: http://www.ontit.it/opencms/export/sites/default/ont/it/documenti/files/ONT_2001-12-21_02289.pdf). Questo programma richiede un contesto adeguato e trasparente, così come la creazione e il riconoscimento delle norme sia obbligatorie che volontarie, e così come la conoscenza e diffusione delle migliori pratiche e dei requisiti minimi.

Riferimenti per UNWTO, guardatevi i seguenti link ai siti istituzionali e ufficiali:

Riguardo invece agli organismi italiani dedicati al turismo (quelli che si erano visti in terza) citiamo qua ONT (http://www.ontit.it/opencms/opencms/ont/it/testi/chisiamo.html ) che ora (dal 2014) è stato affidato all’ENIT

(http://www.enit.it/it/chi-siamo/2652-natura-giuridica.html) L’ENIT è il nostro sito di riferimento da cui trarremo molte informazioni riguardanti l’analisi dei vari mercati turistici esteri, e le informazioni su come poter attirare turisti provenienti dalle varie e specifiche aree.

UNWTO e COVID-19

https://www.unwto.org/news/firm-action-by-governments-to-support-tourism-recovery-covid-19

LE PAROLE DA SOLO NON SALVERANNO “LAVORI”: L’UNWTO CHIAMA PER UN’AZIONE COMMERCIALE DA PARTE DEI GOVERNI A SUPPORTO DEL RECUPERO DEL TURISMO

Il Comitato per la crisi del turismo globale si è unito dietro il grido di richiamo dell'Organizzazione mondiale del turismo affinché i governi "vadano oltre le parole" e inizino a prendere misure decisive per salvaguardare i milioni di posti di lavoro minacciati a causa della pandemia di COVID-19.

Il Comitato di crisi è stato convocato dall’Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO) in risposta a COVID-19. Con il turismo tra i più colpiti tra tutti i principali settori economici, l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite per il turismo avverte anche sulle conseguenze negative del bilancio sociale e del relativo sviluppo che potrebbe avere l’impatto economico.

In questo momento di crisi l’UNWTO sta cercando di assumere ancor più la funzione di guida “globale” del “turismo”. Nel sito ufficiale dichiara e produce documenti in cui afferma che l’UNWTO stesso si sta muovendo per assicurare che i governi facciano tutto il possibile per salvaguardare i mezzi di sussistenza e proteggere i membri più vulnerabili della società. “UNWTO fa eco a un invito più ampio all’azione, non alle parole”

Nella terza riunione del Comitato, l’UNWTO ha esortato i membri ad aumentare la pressione sui leader mondiali affinché ripensassero le politiche fiscali e politiche occupazionali relative al turismo e contribuissero a far sopravvivere le imprese per favorire gli sforzi di recupero più ampi.

Questo invito all’azione arriva quando i responsabili delle decisioni vengono sottoposti a crescenti pressioni per prendere provvedimenti concreti per aiutare a “combattere” il COVID-19. L’elaborazione di risposte finanziarie ed economiche è stata al centro delle riunioni di primavera del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale questa settimana, mentre la Commissione europea ha rafforzato la cooperazione politica all’interno dell’Unione Europea. L’incontro del Comitato per la crisi del turismo si è tenuto anche sullo sfondo della presidenza saudita del G20 che ha invitato governi, organizzazioni private e filantropi a contribuire con 8 miliardi di dollari collettivi per colmare l’attuale deficit finanziario e affrontare adeguatamente la pandemia.

Questo era per esempio lo stato delle cose a Giugno 2020. Le dichiarazioni del segretario generale dell’UNWTO, Zurab Pololikashvili, andavano (e vanno) di pari passo:

Questa crisi ha dimostrato la forza della solidarietà oltre confine. Ma le belle parole e i gesti non proteggeranno i posti di lavoro o aiuteranno i milioni di persone le cui vite dipendono da un fiorente settore turistico. I governi hanno l’opportunità di riconoscere la capacità unica del turismo non solo di fornire lavoro, ma anche di guidare l’uguaglianza e l’inclusione. Il nostro settore ha dimostrato la sua capacità di riprendersi e aiutare le società a riprendersi. Chiediamo che al turismo venga ora fornito il giusto supporto per guidare ancora una volta gli sforzi di recupero.

segretario generale dell’UNWTO, Zurab Pololikashvili

Ovviamente nella scorsa primavera, ma anche nella prima parte dell’estate l’UNWTO si sforzava di vedere i possibili scenari futuri cercando di guardare oltre un mondo bloccato. L’invito all’azione arrivava allorquando l’UNWTO riferiva in che misura COVID-19 aveva bloccato il turismo globale. Il rapporto “Restrizioni di viaggio” dell’UNWTO rileva che il 96% di tutte le destinazioni in tutto il mondo ha introdotto restrizioni complete o parziali dalla fine di gennaio. Il segretario generale Pololikashvili ha inoltre invitato i governi a revocare tali restrizioni non appena sia sicuro farlo affinché le società possano nuovamente beneficiare dei benefici sociali ed economici che il turismo può apportare. Guardando al futuro, il Comitato per la crisi del turismo globale sta lavorando a un piano di ripresa per il settore. Ciò sarà incentrato su frontiere aperte e maggiore connettività, lavorando anche per aumentare la fiducia dei consumatori e degli investitori.

Il problema è il “come”. Si dovrà puntare ovviamente nel costruire una “sfera” in cui un potenziale turista si possa sentire sicuro (e altro come vedremo). Di sicuro però va anche considerato che il turismo non ha subito in maniera uniforme lo shock prodotto dal coronavirus. E di certo non tutte le tipologie di turismo hanno le medesime capacità “plastiche” nel rispondere a questa crisi. Per esempio, è indubbio che una forma di turismo particolarmente colpita (e per la quale ogni ritorno al passato sembra un po’una velleitaria speranza, almeno allo stato attuale) è sicuramente un filone turistico che era in netta ascesa, ovvero il turismo congressuale.

Ad ogni modo questa estate per aiutare i paesi a tornare alla crescita, l’UNWTO si proponeva di lanciare un nuovo pacchetto di assistenza tecnica per il recupero. Un po’, a dir la verità, questo modo di procedere suona come gli aiuti che l’UNESCO invia nelle varie aree “disagiate” del mondo; aiuti sotto forma di personale competente (suo personale competente) e cose del genere. Ad ogni modo nelle intenzioni questo modo di procedere dovrebbe consentire (almeno nelle intenzioni dichiarate dei vari documenti) ai suoi Stati membri di sviluppare capacità e migliorare il mercato oltre che promuovere il proprio settore turistico nei prossimi difficili mesi.

L’obiettivo è comunque evidente e dichiarato dall’UNWTO, ovvero far sì che il turismo parli come “uno”. Più volte infatti nei vari documenti si dice: il turismo parla come uno

L’UNWTO ha formato il Comitato per la crisi del turismo globale per unire ogni parte del settore turistico e per guidare insieme le istituzioni internazionali per creare una risposta unitaria al fine di mitigare l’impatto di COVID-19 e preparare il turismo alla ripresa. All’interno del sistema delle Nazioni Unite, il Comitato comprende rappresentanti dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), dell’ICAO (Organizzazione internazionale dell’aviazione civile) e dell’IMO (Organizzazione marittima internazionale). A loro si aggiungono i presidenti del Consiglio esecutivo dell’UNWTO e le sue commissioni regionali. L’incontro ha visto anche un aumento del numero di paesi coinvolti attivamente nel Comitato. Questa volta erano presenti rappresentanti di Kenya, Zambia, Senegal, Giamaica, Brasile, Cile, Malesia, Maldive, Cina, Grecia, Croazia, Spagna, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.

Il Dipartimento dei membri affiliati dell’UNWTO era di nuovo presente per rappresentare i suoi membri provenienti da tutto il settore privato, dalla società civile e dal mondo accademico. Accanto a loro, il settore privato era rappresentato da membri tra cui IATA (International Air Transport Association), ACI (Airports Council International), CLIA (Cruises Lines International Association), WTTC (World Travel & Tourism Council). Hanno preso parte anche rappresentanti dell’IFC (International Finance Corporation) e dell’IFEMA, il cui direttore Ana Larrañaga è anche presidente del consiglio di amministrazione dei membri affiliati dell’UNWTO. Questa terza riunione ha beneficiato dei contributi dell’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) e dell’OCSE, sottolineando la maggiore importanza attribuita al turismo mentre le organizzazioni internazionali rispondono al COVID-19.

Questo che segue è quanto riportato nella pagina attinente dell’UNWTO:

COVID-19: PRIMA DI METTERE LE PERSONE

Partecipa alla trasformazione #Travel domani

Lo scoppio mondiale di COVID-19 ha fermato il mondo e il turismo è stato il più colpito da tutti i principali settori economici. In un contesto di maggiore incertezza, informazioni aggiornate e affidabili sono più importanti che mai, sia per i turisti che per il settore turistico.

Cooperando a stretto contatto con l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’agenzia principale delle Nazioni Unite per la gestione di questo focolaio;

assicurando con l’OMS che le misure sanitarie siano attuate in modo da ridurre al minimo l’impatto non necessario sui viaggi e sugli scambi internazionali;

sostenendo la solidarietà con i paesi interessati; e

enfatizzando la comprovata capacità di ripresa del turismo e rimanendo pronti a sostenere la ripresa.

UNWTO

A questo link si trovavano a fine maggio 2020 le misure prese paese per paese: https://www.unwto.org/covid-19-measures-to-support-travel-and-tourism

ora invece quel link è reindirizzato sui dati prodotti ed elaborati dall’inizio dello scoppio della pandemia. È vero che molte di quelle misure consistevano in aiuti statali al settore turistico e che molte erano pressoché identiche tra i vari stati, ciononostante era interessante procedere ad un parallelo su quello che era stato fatto (ma le hanno tolte). Comunque le misure attuate in Italia hanno un po’ protetto il settore turismo dagli effetti negativi del coronavirus in miniera forse un pooco migliore rispetto ad altre parti:

https://www.lastampa.it/viaggi/italia/2020/09/15/news/turismo-l-italia-batta-spagna-e-francia-ai-tempi-del-covid-1.39309602

Certo che, a parere mio, certi dati e certe affermazioni dell’articolo sopra riportato andrebbero quantomeno discusse …. La ripresa del turismo non potrà essere rapida, inoltre l’Italia sconta alcuni problemi strutturali di un paese fondamentalmente vecchio e che negli ultimi anni si è saputo poco innovare. Ciò detto un sistema come l’Italia, che ha da sempre avuto bisogno di grandi stimoli per reagire, potrebbe cogliere nel coronavirus lo spunto e lo slancio per un cambiamento profondo. Lo stesso veloce “shock” subito potrebbe indurre il Paese ad un cambiamento che comunque sarebbe stato necessario ma che senza questo shock (detto in maniera cinica e brutale) avrebbe impiegato un lasso di tempo ben più lungo nelle normali condizioni.

Qualche anno fa un noto giornalista, Gian Antonio Stella, proprio in una conferenza a Treviso lamentava l’incuria dell’Italia riguardo alle sue bellezze “vicine” e “comuni” che avrebbero potuto avere all’opposto un grande valore economico ed occupazionale se “recuperate” e rilanciate all’interno del turismo. Oltre tutto un certo turismo “slow” troverebbe in Italia una terra d’elezione (si vedano i “boom” dei vari “cammini” italiani, in particolar modo quelli francescani o la via Francigena), così come grandi margini di crescita rivestirebbe l’opportunità del cicloturismo, a patto che ci siano le strutture apposite… Oppure il recupero dei borghi abbandonati (tantissimi e bellissimi) che garantirebbero “distanziamento sociale”, ambiti nuovi da sfruttare, rilancio economico di aree depresse. Una generale linfa diffusa uniformemente in tutto il territorio nazion ale, ma ancor più a ragione da poter sfruttare in quei contesti economicamente più deboli da cui pèer l’appunto la gente è emigrata fino a completamente spopolare certe aree. Si tratterebbe di ridare linfa e valore economico a contesti abbandonati e culturalmente ricchi, sicuramente potenzialmente ricchi. E tanto altro (mettere solo qualche spunto).

D’altronde l’Italia a fronte di indubbi vantaggi sull’offerta turistica (a partire dall’alto numero di siti patrimonio dell’umanità per uno stato relativamente piccolo come l’Italia, raggiunta al primo posto dalla Cina solo da un paio di anni), presenta anche delle debolezze strutturali tipiche di chi è in una posizione di vantaggio e che quindi è meno incentivata ad innovare. È per questo che la situazione critica prodotta dal diffondersi del coronavirus potrebbe fungere (vista cinicamente) da mezzo (catalizzatore) per spingere l’Italia verso modelli di sviluppo turistici più in linea con i tempi (oltre che essere più sostenibili ecc.) In questo report prodotto dalla Banca di Italia si analizza la situazione turistica italiana nel suo complesso, non che lo dobbiate studiare ma io lo lascio qua se qualcuno volesse trovare degli spunti

Ad ogni modo l’attuale organizzazione nels ettore turismo ha dimostrato uan certa capacità “elastica” dell’offerta e dell’adattabilità italiana, che è positiva. Siccome ad inizio autunno ovviamente si pensa alla stagione turistica invernale (pensate l’importanza per il Veneto considerando che la parte tra le più belle delle Alpi e il sito UNESCO è proprio in Veneto, Dolomiti) qua ci si sta organizzando e questo articolo ve en aprla:

https://www.lastampa.it/montagna/turismo/2020/09/10/news/poche-code-e-prenotazioni-online-le-strategie-anti-covid-per-l-inverno-che-verra-1.39290556

E diciamo che infatti in questo ambito la regione Veneto è un a regione che ha cercato di rispondere al meglio e con più solerzia allo stress prodotto dal coronavirus:

https://www.regione.veneto.it/turismo

Ma nello specifico il Veneto come si muove? In amniera abbastanza decisa soprattutto se confrontata con altri copntesti (certo che altre regioni sono passate pèrima del veneto dalla vendita della destinazione-città, alla vendità della destinazione-regione turisticas … ricordate in terza quando sie ra visto la Riviera Romagnola ?… o il “piano strategico” lanciato con molto più anticipo da Torino?). Il veneto ora sta spingendo forte su tale indirizzo. Queste le slide ufficiali della regione Veneto

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