Come si è visto l’obiettivo principale di ciò che è poi diventata l’Unione Europea consisteva nel creare le condizioni per il mantenimento della pace. Obiettivo comune a tutte le grandi organizzazioni internazionali. L’ONU persegue la pace attraverso la politica, l’UNESCO attraverso la cultura, la CECA (che ha dato inizio al cammino che porterà all’UE) l’ha perseguita attraverso l’economia. Con la CECA si cercava cioè di creare un sistema in cui l’istituzione di un mercato comune del carbone e dell’acciaio avrebbe potuto far passare in secondo piano l’effettivo possesso di quelle zone ricche sia di carbone che di metallo (elementi indispensabili all’industria del primo novecento). Nello specifico si trattava di zone di confine da “sempre” contese da Francia e Germania e che alimentavano uno dei principali focolai che andava poi ad incendiare l’intera Europa. La logica era quella di cercare di innalzare il tenore di vita della maggior parte della popolazione affinché queste vedessero nella guerra non un’opportunità per ottenere migliori condizioni di vita ma l’esatto contrario (oltre ovviamente agli altri rischi congeniti nelle guerre, che non sono di poco conto). Era quindi proprio la compenetrazione economica tra i vari Stati membri, ciò che avrebbe dovuto garantire reciproci vantaggi e benefici ai Paesi facenti parte della CECA. Quella che era una speranza si rivelò ben presto in tutti i suoi benefici effetti. L’idea non era d’altronde così nuova, si pensi alla famosa espressione di inizio ottocento di un economista liberale francese ( Frédéric Bastiat):
Dove non passano merci, passeranno gli eserciti
Frédéric Bastiat
Il punto, e la vera novità, dell’istituzione della CECA era che per la prima volta quest’idea la si applicò concretamente ad uno dei contesti più turbolenti del pianeta. è pur vero che la precedente riportata espressione può risultare anche estremamente ambigua e che in realtà in certi contesti (e i contesti sono quasi tutto se non a volte proprio tutto…) le merci sono esse stesse eserciti; ma è anche vero che i commerci, le strette relazioni commerciali, sanciscono dei legami economici che ovviamente non devono essere visti soltanto con l’occhio di chi fa i calcoli di un bilancio meramente finanziario. L’economia investe completamente le relazioni umane, l’economia crea e tesse relazioni. Con tutte le innumerevoli conseguenze che da ciò ne deriva. Non è questo il luogo dove sviluppare questo argomento, ma si vuol sottolineare come lo stringere più stretti legami economici ha portato indubbi benefici al contesto europeo dell’immediato dopo guerra (ribadisco che i contesti pesano sempre). Ma con lo scorrere del tempo si è capito ancor più che una compenetrazione economica non poteva sussistere senza anche una maggiore compenetrazione politica tra i vari Stati. Ovviamente tutto ciò (compenetrazione economica e compenetrazione politica) portava anche ad una compenetrazione culturale.
Ora se sull’ordine di importanza e sul fatto di cosa porta a cosa si può discutere all’infinito, sono però dati di fatto che la CECA nasce come mercato comune limitato a determinati “prodotti” e che da ciò si sono sviluppate maggiori interazioni politiche e che queste abbiano prodotto maggiori e più numerose occasioni/eventi di mobilità e compenetrazione culturale. Almeno dal mio punto di vista così mi sembra di poter sintetizzare e vedere la questione. Sulle orme di quello che aveva già portato alla formazione dell’UNESCO si è capito ben presto che una “idea di pace duratura” (scusate la banalità dell’affermazione) e di una forte compenetrazione economica non poteva prescindere da una maggiore compenetrazione culturale. Il “campo/la tela” su cui tessere e sviluppare rapporti pacifici era ( e a mio avviso “è”) indubbiamente quello culturale.
Faccio un esempio concreto: la mobilità. L’UE cerca di stimolare e favorire la mobilità. In primis la mobilità studentesca tra i vari Stati europei. Ovvero la mobilità legata ai giovani (che sono coloro che incideranno per più tempo in futuro; la cosa è ovvia ma spesso poco considerata nella pratica). I giovani crescono e farli crescere con un’idea di un’Europa dove non hanno senso i confini nazionali vuol dire garantire il futuro della stessa UE (oltre al fatto che quando ti sposti in contesti diversi dal tuo, tu contamini e sei contaminato). Da un lato ciò porta a costruire un’idea forte di Europa (intesa come UE), che ciò sia naturale o artificiosa ha poca importanza, e dall’altro è garanzia di sopravvivenza della stessa UE che propone quei programmi di mobilità. Se si considera il contesto attuale con il riemergere dei nazionalismi (nei suoi pro e nei suoi contro come vale per tutte le cose) voi capite bene perché l’UE pone sempre più accento (e finanziamenti …questo almeno fino alla recente guerra in Ucraina….) su questi programmi che incentivano la mobilità. L’obiettivo sono i giovani, ma non solo. Sono anche quegli uomini e quelle donne che ormai non sono più giovani ma che non si devono dimenticare ciò che l’UE vuole sottolineare e forse creare, ovvero l’appartenenza ad un medesimo contesto culturale che ci rende tutti partecipi delle medesime vicissitudini. La creazione di un “contesto” culturale a cui siamo tutti chiamati a far parte, e a cui siamo incentivati a far parte, è funzionale e funge da premessa a quel consolidamento dell’identità europea (che può essere considerata più o meno artificiale ma che nel momento in cui uno ci cresce dall’interno, allora diventa superfluo sapere se è stata creata a tavolino o meno, o per lo meno diventa secondario). Per far ciò, spostare fisicamente le persone da un lato all’altro del continente diventa fondamentale. Il far viaggiare le persone come amalgama di questa identità, oppure il far viaggiare le persone come “atto” idoneo alla presa di coscienza di tale identità (dipende dai punti di vista). La mobilità nello spazio che vogliamo far diventare comune (o che consideriamo comune e che vogliamo farlo emergere in tutta la sua evidenza) diventa fondamentale.
Nell’ambito di questa necessità di mobilità, rivolta non solo ai giovani, la CEE e con ancor più decisione l’UE ha cercato dei motivi per cercare di “spostare” il più possibile i suoi “cittadini”. Avvicinare in qualche modo i cittadini dei diversi Paesi europei attraverso manifestazioni di promozione delle rispettive culture ed eventi culturali patrocinati e promossi dalla stessa UE. Far interagire e spostare i cittadini di Paesi diversi, questo l’obiettivo. Io mi sposto, e diventando turista divento una fonte economica importante per i territori o città o contesti che mi accolgono, e contestualmente (come si diceva poc’anzi) io contamino e sono contaminato creando a poco a poco “humus” per quel medesimo contesto culturale di cui sono chiamato ad essere attore e spettatore. In questo clima si è giunti nel 1985 a creare una nuova iniziativa che mettesse a turno in evidenza città di vari Paesi che per un anno avrebbero avuto il “titolo” di “Capitale Europea della Cultura”. (da qua in poi la parte da studiare)
Tutto nacque nel 1985 quando il Consiglio dei Ministri dell’UE lanciò l’iniziativa “Capitale Europea della Cultura”. Tutto aveva preso avvio dall’iniziativa della Ministra della Cultura del governo greco, Melina Merkouri. Questa era una nota attrice e cantante che si era prestata alla politica, come da (sua) tradizione familiare. Veniva quindi dal mondo “della cultura” che proprio tale iniziativa voleva innalzare. Provenendo quindi tale input da un ministro greco va da sé che la prima città a ricoprire questo “ruolo” non poteva che essere proprio Atene. Va anche detto però che la scelta di Atene aveva anche un riferimento culturale e simbolico non indifferente per l’Europa. Atene è in Occidente la città della filosofia per eccellenza, è il centro culturale di propagazione che invase culturalmente tutto l’Occidente, è la polis che si contrappose militarmente all’espansione dell’Oriente (l’impero achemenide) difendendo così “la libertà” dell’Occidente (al netto della propaganda dell’epoca…) dal “dispotismo” dell’Oriente. La stessa definizione di Europa nasce proprio da qua, o comunque la definizione che nasce da qua è la prima che sotto il profilo culturale si contrappone al “dispotismo” orientale del periodo. Ovviamente in tale contrapposizione e in tale ergersi a baluardo della libertà greca (ereditata dal contesto europeo) c’è molto di propaganda. Ma altrettanto ovviamente ognuno tira l’acqua al proprio mulino e quel che conta è l’effetto, ieri come oggi. In quel caso l’effetto consisteva nel presentarsi come il baluardo/paladino del mondo libero occidentale contro il dispotismo orientale. Una delle tante spiegazioni etimologiche di Europa si ricollega proprio alla Grecia, sebbene le più plausibili sono in tutto e per tutto collegate ad una visione che parte da Oriente, ovvero dal centro di propagazione della cultura che si andava espandendo da Oriente verso l’Europa. Insomma per farla breve la scelta di Atene è vero che era caduta sulla capitale del ministro che aveva proposto tale iniziative, ma in fin dei conti era quasi una scelta ideologicamente obbligata. E questa visione è coerente con la scelta della seconda capitale della cultura, ovvero di quella città che guidando il rinascimento italiano era da sempre simbolo di cultura in Europa: Firenze. Una delle tappe imprescindibili del Grand Tour fin da quando l’Italia divenne “raggiungibile”.
Dal 1985 l’iniziativa si è accresciuta tanto, tantissimo. è cresciuta sia di importanza sia sotto l’aspetto delle ricadute economiche. L’iniziativa nasceva per “mettere in luce la ricchezza e la diversità delle culture in Europa” (nell’ambito di favorire quel processo di compenetrazione culturale che può essere favorito attraverso la reciproca conoscenza). L’obiettivo infatti era principalmente quello di mettere in luce le caratteristiche culturali comuni agli abitanti dei Paesi dell’UE, di modo che si sentissero parte di uno spazio comune non solo sotto il profilo economico ma bensì culturale. Quindi l’iniziativa procede in quel far emergere (o per certi in quel creare) un’identità comune europea che è scopo fondamentale dell’UE e presupposto alla sua stessa esistenza. Queste premesse sono assai ben evidenziate nello stesso sito ufficiale ( https://ec.europa.eu/programmes/creative-europe/actions/capitals-culture_it ). Scaricatevi e leggetevi questo documento prodotto dalla Commissione Europea sulle Capitali Europee della Cultura:
Queste premesse hanno anche creato importanti opportunità economiche per lo sviluppo delle varie città e per un loro “riqualificarsi” e proporsi (o “riproporsi” a secondo dei contesti) sotto il profilo turistico. Come ben sappiamo attualmente il turismo è un’importante settore economico per l’intera Europa, la quale d’altronde è il principale bacino turistico al mondo. Così il “promuovere il contributo della cultura allo sviluppo delle città ” è diventata un’opportuna di “rigenerazione” e di conseguenza di notevole sviluppo economico. Le varie esperienze che si sono succedute negli anni hanno dimostrato che avere l’opportunità di essere “Capitale Europea della cultura” può rivestire un gran bel trampolino di lancio per l’intera città.
L’esperienza ha inoltre dimostrato che l’evento è un’eccellente opportunità per:
https://ec.europa.eu/programmes/creative-europe/actions/capitals-culture_it
– riqualificare le città
– potenziare il profilo internazionale delle città
– valorizzare l’immagine delle città agli occhi dei suoi abitanti
– ridare vitalità alla cultura di una città
– rilanciare il turismo.
Si è rilevato infatti che l’incremento di turisti che si registra durante l’anno della manifestazione è una tendenza che si protrae nel tempo. È pur vero che non tutte le città hanno potutto godere dei medesimi benefici a lungo termine. Le ricadute economiche sono state assai diversificate per le diverse città che si sono avvalse del “titolo” di Capitale Europea della Cultura. Non tutti gli esiti sono stati identici nel lungo periodo, ma si può dire che nel corso dell’anno in cui si è svolta la manifestazione tutte le città hanno riscontrato notevoli benefici economici.
Visti i vantaggi che l’evento offre alle varie città, la competizione per accaparrarsi il titolo di “Capitale Europea della Cultura” si fece di conseguenza sempre più accanita/feroce. Innanzitutto è stato cambiato il nome. Inizialmente infatti si designava la “città europea della cultura”, mentre dal 1999 la vincitrice è stata ribattezzata come “capitale europea della cultura”. Quest’ultima è attualemnte finanziata attraverso il programma cultura 2000. Piuttosto che dire “quest’ultima” dovremmo dire più propriamente “quest’ultime” visto che a partire dal 1999 le “capitali” sono in genere due per anno. Inoltre ogni membro dell’UE avrà l’opportunità di ospitare a turno una delle suddette capitali. L’Italia che ha da poco avuto “lo scettro” con Matera (2019 poi prorogato per motivi covid…) avrà la prossima capitale europea della cultura solo nel 2033. Questo responsabilizza ancor più il singolo Paese (e in questo special caso l’Italia) nel cercare di indirizzare nel miglior modo possibile l’esito di questo evento.
Quindi è cambiato il numero delle città che possono essere elette per ogni anno, ed è cambiata la rotazione tra gli Stati. Ma forse più importante ancora è il fatto che sono cambiati gli stessi criteri di selezione. Uno dei più importanti è indubbiamente l’analisi della ricaduta economica sul lungo periodo. Ovvero l’UE favorisce la designazione di quelle città che offrono più garanzie di una ricaduta economica su tutta la città e non di vantaggi limitati solo e soltanto a all’anno in questione. È anche per questo che l’UE partecipa a finanziare l’evento con dei fondi a fondo perduto.
I finanziamenti. Le fonti di finanziamento della manifestazione sono in gran parte pubbliche, intorno all’80%. Dagli studi condotti emerge che di questi finanziamenti pubblici la maggior parte, tendenzialmente intorno al 56% sono a carico dello Stato. Le città concorrono con una quota intorno al 20%, mentre il contributo delle regioni copre 11% dei finanziamenti totali (dati tratti da: N. Salvatori, Geografia Turistica 2).
L’UE partecipa con un finanziamento di 1,5 milioni di euro. In certi contesti sono molti, in altri sono briciole. Ad ogni modo si tratta sempre di un Premio (il premio Melina Mercouri, dal nome della promotrice di questa iniziativa) quindi di una specie finanziamento a fondo perduto. Ma quello per cui l’UE è davvero importante (per ogni contesto) è l’effetto amplificatore e pubblicitario che il suo appoggio produce su tale manifestazione. Non per nulla tiene il suo occhio vigile prima, durante e dopo la manifestazione. Parlo di occhio perché a volte sembra proprio l’occhio malvagio di Mordor (tanto per citare una famosa saga recente), ma questo perenne controllo, forse eccessivamente burocratico, è anche finalizzato ad un monitoraggio che deve garantire non solo il successo immediato della manifestazione quanto piuttosto il gettare le premesse del successivo sviluppo turistico.
Da quando la capitale viene designata la giuria che l’ha designata, con il sostegno della Commissione europea, svolge un ruolo permanente di sostegno sotto forma di consulenze, orientamento e monitoraggio dei preparativi. Tutto ciò è funzionale all’assegnazione premio Melina Mercouri (attualmente pari a 1,5 milioni di euro, finanziati dal programma dell’UE Europa creativa). Per questo si accetta volentieri ad essere così controllati ….
Ho trovato che questo finanziamento secondo uno studio definito Rapporto Palmer ammonta mediamente al 2% di tutti i finanziamenti. Questo per lo meno valeva per il periodo compreso tra il 1995 e il 2004. Oggi credo bene che nella maggior parte dei contesti tale finanziamento ricopra anche una percentuale minore. Ciononostante 1,5 milioni di euro non son proprio bricioline soprattutto per certi contesti. Mi sto ripetendo ma repetita iuvant. è anche vero che 1,5 milioni sono il premio assegnato però nella valutazione finale di Liverpool, per esempio, i fondi UE ammontavano 12,8 milioni di euro che erano il 10,5% dei finanziamenti complessivi (file:///C:/DID%204%20ANNO/capitals-culture-2007-08-evaluation_en.pdf) . Mentre per l’altra capitale della cultura dello stesso anno (2008) Sibiu aveva ricevuto dalla Commissione Europea 1,4 milioni (il premio) che costituiva l’8% dei finanziamenti totali (stesso documento).
Il documento sopra citato da cui si desumono questi dati è il seguente (Liverpool è da pag.54-74, non dovete studiarvelo però se volete vedere dove ho preso qualche dato, questa è la fonte):
Questi dati li possiamo ottenere dalla stessa UE. Ogni anno infatti la Commissione europea pubblica una relazione di valutazione sui risultati delle manifestazioni “Capitale europea della cultura” dell’anno precedente. A partire dal 2019 sono anche le capitali stesse a elaborare la propria valutazione, che è poi trasmessa alla Commissione entro la fine dell’anno successivo a quello della nomina.
Altra CONSIDERAZIONE Se io faccio un’analisi delle città selezionate e che quindi sono diventate Capitali Europee della Cultura noto un trend in sintonia con le tendenze turistiche recenti. Ovvero il privilegiare città medio-piccole (sotto i 500.000 abitanti) a scapito delle grandi metropoli. Per vari fattori, non ultimo la diffusione di aeroporti low-cost nel territorio, molte piccole città hanno visto crescere esponenzialmente la loro importanza turistica e i loro arrivi nonché le permanenze. Questo lo vediamo anche con la tendenza sempre più manifesta ad eleggere città medio-piccole a scapito della grandi città. Se infatti le prime città eletti furono Atene, Firenze, Amsterdam, Berlino, Parigi; quelle che lo sono state per l’anno 2019 erano Matera e Plovdiv (Bulgaria); per il 2020 Fiume e Galway, e per il 2021 erano calendarizzate Timișoara (Romania), Elefsina (Grecia) e Novi Sad (Serbia, paese candidato) poi per motivi legati alla pandemia si è annullato l’evento per querll’anno e attualmente le città capitali europee della cultura sono Kaunas (Lituania), Esch-Sur-Alzette (Lussemburgo) e Novi sad (Serbia) (mentre Timișoara lo sarà per il 2023). è anche vero che le città sopra i 500000 abitanti sono di meno rispetto alle altre (ovviamente), ma la tendenza è lampante e tante importanti e grandi città non sono ancora state elette a Capitale europea della cultura. Di contro si può dire che le città elette (a parte la tendenza all’elezione di quelle medio-piccole) sono estremamente varie e diversificate sotto vari punti di vista. Inoltre gli ultimi anni ci illustrano anche un’altra novità degli ultimi anni. la possibile edizione anche di città extra UE.
Questo nuovo quadro, modificato da una recente decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, consente a una città di un paese candidato, di un potenziale candidato all’adesione all’UE o di un paese dell’Associazione europea di libero scambio che è parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo (i cosiddetti paesi EFTA/SEE) di detenere il titolo ogni tre anni. Queste città saranno selezionate attraverso un concorso generale, il che significa che città di paesi diversi possono competere tra loro. Il prossimo concorso di questo tipo è stato lanciato per il titolo di Capitale europea della cultura 2024 con una preselezione che si terrà a novembre 2018.
https://ec.europa.eu/programmes/creative-europe/actions/capitals-culture_it
va detto che il sito dell’UE (dove si riportano i dati e si pubblica i vari resoconti) è assai preciso a riportare tanta documentazione. Di conseguenza è tutto molto trasparente: dai fondi stanziati ai soldi spesi, agli obiettivi iniziali e agli esiti attesi e poi conseguiti. https://ec.europa.eu/programmes/creative-europe/actions/capitals-culture_it
Vi presento ora alcune città-esempi di tale manifestazione al fine di vedere se questa abbia avuto o meno effetti sul lungo periodo riguardanti la rivalutazione e/o valutazione della città in senso turistico. Ho scelto casi assai diversificati sia per premesse, sia per geografia e sia per livello di sviluppo economico di partenza. Da un lato Liverpool, una città turisticamente irrilevante ma che ha dovuto rigenerarsi dopo la crisi del settore industriale; dall’altra parte ho preso Tallinn come esempio di città dell’est europa che aveva grandi potenzialità turistiche ma che aveva bisogno di una vetrina per mettersi in mostra. Inoltre Liverpool godette di copiosi investimenti, mentre Tallinn, che già partiva da una minor potenza di fuoco (sotto il profilo economico), ha dovuto anche limitare il suo budget a causa della crisi economica che si è abbattuta sull’Europa dopo la sua nomina. Non era colpa sua … Altro esempio ci riguarda anche più da vicino perché è l’esempio di Matera che è anche un perfetto esempio di una città che era simbolo di arretratezza e che doveva essere rigenerata e che era passata a diventare un sito patrimonio dell’umanità proprio per quelle caratteristiche che l’avevano portata ad essere definita “vergogna nazionale”.
Le Capitali Europee della Cultura sono esempi lampanti di come la cultura può diventare evento e volano dello sviluppo turistico di una città. Anche realtà turisticamente già affermate sono comunque incentivate dal emrcato ad intraprendere sempre maggiori iniziative sotto il profilo culturale.